“La montagna ha bisogno dell’uomo, il territorio dei suoi prodotti”
“La montagna ha bisogno dell’uomo. Solo così il territorio continuerà a vivere, anche grazie ai suoi prodotti”. C’è da crederci se a dirlo è Luca Giupponi, ricercatore di Unimont (Università degli Studi di Milano – Polo di Edolo) ed esperto di botanica, che lo scorso 22 febbraio è intervenuto al congresso Strachítunt, da risorsa per la famiglia a valore per il territorio con una relazione su “Flora e vegetazione della Val Taleggio”.
“Poco dopo la laurea ho fatto uno studio sulla flora e sulla vegetazione della Val Taleggio. Ho esposto quelle che sono le peculiarità di questa valle focalizzandomi su vegetazioni, che noi definiamo antropogene, generate grazie all’azione dell’uomo: prati e pascoli in particolare – ci racconta Giupponi -. Tutte cose di cui la Val taleggio era ricca. Era, appunto, perché queste vegetazioni, ora, stanno purtroppo subendo un drastico cambiamento dovuto all’abbandono delle attività antropiche legate al settore primario”.
Perché sta succedendo questo? Senza l’uomo la montagna non può esprimere il meglio di sé stessa? “No, non sempre – ci risponde -. Questo succede perché la montagna ha bisogno anche della mano dell’essere umano per essere più ricca. Si pensa sempre all’uomo come elemento che può ledere il paesaggio naturale e mai come elemento che può aumentare la biodiversità anche a livello di paesaggio. Ma è sbagliato, la Val Taleggio ne è un forte esempio”. E quando si parla di Val Taleggio il collegamento con il formaggio – lo Strachítunt in particolare – è automatico: “Se vogliamo valorizzare un prodotto come lo Strachítunt è bene conservare quello che è rimasto – racconta Giupponi – e ripristinare quello che c’era. L’uomo deve vivere in montagna per gestirla, essere in simbiosi con lei. Altrimenti il rischio è che, pur di salvare un determinato formaggio, si finisca a produrlo con un latte diverso, che viene da un’altra località. Questo snatura irrimediabilmente il prodotto stesso e fa morire il territorio”.
Fortunatamente per lo Strachítunt e per le valli Taleggio e Brembilla, il disciplinare che ne garantisce la qualità è molto rigoroso, soprattutto per quanto riguarda la provenienza del foraggio e del latte, che devono essere al 90% prodotti nel territorio definito dal disciplinare stesso.
“Sappiamo con certezza scientifica che latte e formaggio acquisiscono le caratteristiche di erba e fieno di una specifica tipologia che deriva da un contesto geografico territoriale – continua il ricercatore -. Vale anche per lo Strachítunt: sarebbe un peccato non sfruttare questo elemento di pregio e di qualità che lega il territorio a questo determinato prodotto. Penso al 99% dei taleggi che troviamo sul mercato oggi, che purtroppo non vengono più prodotti in Val Taleggio: è quasi una bestemmia, secondo me”.
Lo Strachítunt, una delle nove Dop bergamasche “I prodotti tipici – spiega ancora Giupponi – sono delle risorse per i territori montani, per gli abitanti e per la sua economia”.
Luca Giupponi è stato uno dei primi relatori a cui hanno pensato gli organizzatori quando si è cercato di capire chi avrebbe partecipato ai tanti dibattiti in programma: “La prima cosa che ho detto ad Alvaro Ravasio, presidente del Consorzio per la tutela dello Strachítunt DOP, quando mi ha invitato all’evento, è stata: finalmente”.
“Io ho fatto il casaro con Guglielmo Locatelli – ricorda il ricercatore -, ho lavorato con lui dai 15 fino ai 18 anni, quindi di formaggi ne ho fatti. Quando ho avuto tra le mani il primo Strachítunt ho capito sin da subito che era qualcosa di unico, che si trattava di una peculiarità da preservare. Purtroppo noi bergamaschi quando abbiamo dei gioielli in casa facciamo fatica a valorizzarli. Ora, però, qualcosa si muove: si dà merito al prodotto e alle persone che lo producono, lo tutelano e lo tengono in vita”.
Luca Giupponi era tra i relatori dell’evento “Strachítunt. Da risorsa per la famiglia a valore per il territorio” del 21-22-23 febbraio 2020.
Testo e intervista realizzati da Luca Bassi